Sistemi complessi: cosa sono e perché ci riguardano (parte 2)

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Sistemi complessi: cosa sono e perché ci riguardano (parte 2)

Dopo aver parlato in generale dei sistemi complessi, in questo articolo ti voglio parlare del nostro sistema complesso nello specifico.

Ho introdotto i sistemi complessi, la loro logica, la loro strutturazione, la loro organizzazione. Ora è tempo di entrare più nel dettaglio, e di vedere quali sono i processi del sistema complesso “essere umano”.

La complessità si può definire in molti modi diversi. In particolare, sicuramente la visione complessa descrive i fini collegamenti tra i comportamenti collettivi. Però per descrivere un sistema complesso non è possibile utilizzare un unico modello che riassuma il sistema in tutto e per tutto. Infatti è necessario descrivere in modo diverso tutti i livelli organizzativi, e i comportamenti emergenti del sistema stesso.

Come scrive Ignazio Licata:

Un sistema complesso è un sistema che mostra un comportamento imprevedibile in dettaglio, non zippabile in un singolo modello formale.

Ho letto moltissime definizioni e spiegazioni sui sistemi complessi. Secondo me la descrizione più esaustiva è quella di Oscar Bettelli.

Oscar Bettelli ha scritto le dieci caratteristiche fondamentali dei sistemi complessi, che sono:

1) La stabilità macroscopica. Questa è la tendenza alla stabilità di certe variabili (osservabili) nonostante i cambiamenti ambientali. Il sistema tende a mantenere la sua stabilità e attua una serie di strategie per farlo. Il sistema ottiene questa stabilità attraverso i circuiti di feedback autoregolanti.

Il feedback o retroazione è la capacità di un sistema di autoregolarsi attraverso l’auto-osservazione. Quindi il sistema tiene conto degli effetti scaturiti dalla modificazione delle sue caratteristiche. Nei sistemi biologici esistono due tipi di retroazione: feedback positivo e feedback negativo. La retroazione positiva accelera un processo, aumentando l’entità dell’informazione iniziale; la retroazione negativa lo rallenta, diminuendo l’entità dell’input iniziale. Il feedback negativo aiuta a mantenere la stabilità di un sistema, contrastando i cambiamenti dell’ambiente esterno.

Il feedback positivo esercita la funzione opposta: amplifica la divergenza. Permette il cambiamento, la crescita, e dà al sistema la capacità di raggiungere nuovi livelli di equilibrio. Ad esempio, la maggior parte dei feedback positivi presenti in un organismo facilitano l’auto-eccitazione del sistema endocrino e di quello nervoso; regolano la morfogenesi, la crescita e lo sviluppo degli organi. Questi sono tutti processi che implicano una divergenza da uno stato iniziale di quiete.

I sistemi complessi creano così un equilibrio dinamico. La stabilità macroscopica è apparente e non è reale, infatti i sistemi complessi si modificano incessantemente nel tempo. Detto in altre parole, gli osservabili fanno apparire i sistemi stabili, ma in realtà essi procedono in continui meccanismi di cambiamento, tesi comunque a mantenere l’identità e l’autoregolazione.

Quando ci guardiamo allo specchio ci vediamo sempre uguali o molto simili, ma basta guardare una foto di quando eravamo piccoli per scorgere il grande cambiamento che è avvenuto in noi.

Maggiore è il numero delle componenti del sistema complesso, maggiore è la sua stabilità macroscopica.

2) La finalità (apparente): il sistema complesso sembra avere un comportamento finalizzato, nel senso che le sue dinamiche tendono ad ottenere un determinato stato. L’apparente finalità dei comportamenti di un sistema è contenuta nella sua nomologia, ovvero nell’insieme delle sue regole. E’ quindi preesistente a qualsiasi intenzionalità. E’ per questa ragione che i sistemi complessi come organismi ma anche sistemi economici e sociali a volte si dirigono verso determinati esiti, nonostante i tentativi di controllarli e contrastarli. La finalità è detta teleonomia, ed è un concetto utilizzato in biologia per la prima volta da Jacques Monod ne “Il caso e la necessità”.

Il sistema complesso ha come scopo apparente quello di mantenere se stesso. E anche la vita ha come scopo quello di mantenere se stessa.

Non entro nella “disputa” tra l’esistenza di uno scopo “superiore” o “ultimo” nella vita per due motivi. Il primo è che richiede molte spiegazioni filosofiche e ontologiche e servirebbe almeno un libro per trattare questo quesito con il rispetto e la precisione che merita. Il secondo è che io stessa non ho una risposta inequivocabile in cui credo fermamente. Per me il fatto che la vita operi tutte le sue azioni con lo scopo di mantenere se stessa è già un prodigio immenso. Non ho bisogno di pensare ad altri scopi, se non questo, per provare sincera e incantata meraviglia di fronte alla magia della vita e di tutte le sue espressioni.

Per di più, come osservano Maturana e Varela, nozioni come lo scopo, il controllo, la funzione, vengono usate frequentemente per descrivere i sistemi viventi, ma sono esterni a questi domini fenomenici: appartengono infatti al dominio dei nostri discorsi sulle nostre azioni, e non sono direttamente costitutive dei sistemi viventi che osserviamo.

Questo significa che queste definizioni appartengono a noi osservatori, e non al sistema che osserviamo. Maturana e Varela aggiungono che la spiegazione su come funzionano i sistemi viventi è sempre data da noi come osservatori.

È necessario distinguere ciò che è costitutivo del sistema complesso e gli appartiene, e ciò che appartiene invece al nostro dominio di descrizione e quindi anche alle nostre interazioni con esso.

3) Procedure: sono sequenze di azioni che vengono effettuate per determinare un certo risultato. I sistemi complessi più versatili scelgono la successione in modo variabile, a seconda delle situazioni. La descrizione delle procedure è tanto più complicata quanti più sottosistemi sono coinvolti. In altre parole: più il sistema è complesso, più è difficile da descrivere. Un esempio di procedura è la coagulazione: quando c’è una ferita viene attivato il sistema di coagulazione, che agisce nel punto esatto e non altrove. Viene coagulato il sangue, fermata l’emorragia e poi viene arrestato il processo.

4) Modulazione dei comportamenti: alcuni sistemi complessi sono capaci di riprogrammarsi, adeguando i loro comportamenti in modo da evitare un errore o da adattarsi ai cambiamenti ambientali. Apprendono anche dai propri errori. Però non apprendono per comprensione come la intendiamo noi, ma secondo un procedimento euristico fondato su prova, errore e verifica. In questo modo avviene la selezione della miglior risposta possibile alle informazioni. Questo è un concetto cruciale, che ci consentirà una vera e propria rivoluzione! Segnatelo, “selezione della miglior risposta possibile alle informazioni“. Approfondirò in qualche post l’apprendimento euristico perché è un concetto fondamentale.

5) Anticipazione: permette al sistema complesso di anticipare i cambiamenti ambientali, rilevando “segni premonitori”. La sensibilità alle condizioni ambientali che potrebbero variare è individuale e peculiare di ogni singolo sistema. Avete presente quando ci sentiamo che è meglio uscire con l’ombrello anche se ci sono poche nuvole, e poi effettivamente piove? Ecco, questa è la capacità di anticipazione. Ovviamente non ce l’abbiamo solo noi. Ad esempio gli elefanti e altri animali sono in grado di prevedere i terremoti, e di spostarsi per tempo.

6) Interazione con l’ambiente: un sistema complesso può agire direttamente sull’ambiente per modificarlo. Quindi non solo modifica i propri meccanismi interni in risposta alle variazioni al contorno, ma cambia proprio il contorno. Questo è vero soprattutto per noi umani, che siamo la specie che ha esercitato le maggiori modifiche all’ambiente. Ma lo stesso principio si può applicare a tutti gli animali che costruiscono un nido o una tana, ad esempio.

riparazione autopoiesi auto-organizzazione

7) Autoriparazione (autopoiesi): riparazione dei propri danni.

Il termine autopoiesi è stato inventato da Humberto Maturana. Un sistema autopoietico è capace di sostenersi e riprodursi al suo interno, ovvero di sostenere e riprodurre le sue componenti. In questo modo ridefinisce continuamente se stesso. La capacità del vivente di mantenere la sua organizzazione secondo Maturana è la caratteristica sufficiente per considerarlo tale.

Maturana aveva la necessità di definire un sistema vivente indipendentemente da alcune caratteristiche biologiche come la riproduzione, il metabolismo, la capacità di movimento. Voleva una definizione che si fondasse esclusivamente sulle caratteristiche proprie del sistema in quanto tale. Questo approccio è utile quindi nei casi limite di sistemi che potrebbero essere considerati viventi come anche no, come nel caso tanto dibattuto ed attuale tema dell’intelligenza artificiale.

L’autopoiesi si fonda su due concetti: l’auto-organizzazione, e l’auto-riproduzione ricorsiva dei componenti base del sistema. Il fatto che il sistema produca continuamente se stesso ha una conseguenza epistemologica precisa: il sistema è “operativamente chiuso”. E’ quindi autonomo dall’ambiente esterno e non è descrivibile in termini di input-output.

Questo può sembrare in contraddizione col principio secondo cui esso è indivisibile dal suo ambiente che è l’unico posto in cui può vivere. In realtà l’autonomia organizzativa è compatibile con l’accoppiamento con l’ambiente. Infatti il sistema è in grado di discriminare tra cause interne ed esterne.

La loro teoria non implica che il sistema abbia in se stesso tutte le sue proprie cause.

Il sistema complesso è “immerso” in un ambiente, con il quale è accoppiato strutturalmente.

Il sistema complesso è in grado di discriminare tra cause interne e cause esterne e di condizionare le cause esterne, ovvero di modificare l’ambiente in cui vive. I confini interni ed esterni del sistema sono proprio ciò che separa il sistema dal suo ambiente e lo mette in relazione con esso. Su questa base e attraverso questa compartimentazione il sistema può sviluppare una complessità propria e farla evolvere in relazione alla complessità esterna, mantenendo tale dislivello di complessità e di ordine se e finché ne è capace.

Il sistema è un’unità, ed è quindi dotato di individualità. La sua organizzazione è costituita da:

– relazioni che i suoi componenti stabiliscono tra loro e con l’ambiente;

– dinamica delle loro interazioni e trasformazioni nel tempo;

– stati possibili del sistema come unità (osservabili macroscopici).

La sua organizzazione non dipende solo dalla proprietà dei suoi componenti: il comportamento globale del sistema non si può evincere dalla somma algebrica dei comportamenti singolari delle sue parti.

riproduzione uova sistemi complessi

8) Riproduzione: la riproduzione è il sistema che adotta la vita per mantenersi, ed è un insieme di processi altamente controllati ed organizzati. I sistemi complessi usano l’auto-riproduzione. Questo è un processo peculiare, l’unico che consente una riproduzione di un’organizzazione autopoietica simile al sistema stesso.

Con l’auto-riproduzione possono avvenire variazioni, ad esempio noi assomigliamo ai nostri genitori, ma non siamo identici a loro. L’autoriproduzione crea una macchina autopoietica ed è la base per l’evoluzione.

La riproduzione può avvenire anche per copia e replica.

La replica dà origine a macchine allopoietiche; la loro organizzazione dipende dallo stato del sistema nel momento in cui le genera. Questo processo avviene ad esempio nella replicazione degli anticorpi. Avviene solo in maniera indipendente dall’autopoiesi.

Nella copia si applica un fenomeno o un processo ad un altro sistema ottenendo un oggetto isomorfo (di forma uguale, o costituito da elementi di uguale forma) al primo. Avviene in maniera esterna all’autopoiesi, per mezzo dell’intervento di un’altra macchina autopoietica. Ad esempio una stampante stampa 100 copie uguali di un libro, attraverso l’intervento dell’uomo che la costruisce e che la programma.

9) Riorganizzazione (ontogenesi): è la modifica della struttura interna del sistema complesso per adeguarsi alle situazioni. E’ tipica dei sistemi sociali, dei sistemi biologici e psicologici. L’ontogenesi è l’insieme dei processi tramite i quali si compie lo sviluppo biologico di un organismo vivente dall’embrione allo stadio adulto: dipende sia dalla sua nomologia che dall’ambiente nel quale il processo si svolge. Alle variazioni ambientali corrisponde una ristrutturazione interna che avviene secondo la nomologia di sistema. La ristrutturazione interna può anche cambiare l’insieme delle regole sistemiche. Il sistema, dopo aver incontrato la prima volta lo stimolo, si modifica e si ristruttura per reagire ad esso. Queste modifiche possono poi cambiare la sua nomologia, le sue regole. Quindi la seconda volta il sistema reagirà in modo diverso allo stesso stimolo.

10) Auto-programmazione: è la possibilità di inventare i propri scopi, nonché i metodi per conseguirli. Si rileva solo nei sistemi di massima complessità: gli esseri umani. Questa è una delle peculiarità data dal nostro sviluppo corticale e intellettivo.

Eccoci, ora che abbiamo introdotto il nostro sistema complesso siamo pronti per capire come questi concetti possono rivoluzionare la medicina, la visione che abbiamo del nostro organismo, e i concetti di salute e malattia. Stay tuned! (E per qualsiasi cosa scrivimi nei commenti!)

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2 Comments
  • Francesco
    Posted at 16:00h, 08 Febbraio Rispondi

    L’omeostasi ha un senso in questo discorso e, se sì, in quale di queste 10 caratteristiche va collocato ??

    • Sara Diani
      Posted at 17:20h, 08 Febbraio Rispondi

      Assolutamente sì! L’omeostasi è definita come l’equilibrio dinamico, la stabilità che l’organismo cerca di mantenere nonostante le variazioni esterne. Omeostasi significa ad esempio mantenere la temperatura o la concentrazione di zuccheri nel sangue costante. Quindi sicuramente è correlata alla stabilità macroscopica. Poi in realtà molte funzioni contribuiscono a mantenere l’omeostasi, quindi si correlano ad essa anche la modulazione dei comportamenti, l’adattamento all’ambiente, la riorganizzazione. I modi con cui il corpo mantiene l’omeostasi fanno parte delle procedure del sistema. In questo articolo non ho usato questa parola perché la parte “stasi” è ingannevole, infatti appunto la definizione di omeostasi implica un dinamismo continuo!

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